Il Nepal ha recentemente raggiunto un notevole successo nel campo della conservazione ambientale, triplicando la propria popolazione di tigri negli ultimi 15 anni. Tuttavia, il primo ministro KP Sharma Oli ha sollevato preoccupazioni riguardo alla crescente conflittualità tra esseri umani e fauna selvatica, suggerendo che il numero attuale di felini possa risultare problematico per le comunità locali. Questo articolo analizza la situazione critica che il Nepal si trova ad affrontare, cercando di bilanciare il progresso ambientale con le necessità di sviluppo e sicurezza.

Il traguardo della conservazione in Nepal

Il Nepal ha fatto notizia a livello mondiale per la sua riuscita opera di conservazione della fauna selvatica, portando il numero di tigri selvatiche da circa 121 nel 2010 a oltre 350 nel 2022, con stime recenti che indicano 355 esemplari. Questo risultato è stato favorito da misure rigorose contro il bracconaggio e da sforzi significativi nella riforestazione. In un contesto globale in cui la biodiversità è spesso minacciata, il Nepal si è affermato come esempio da seguire per altri Paesi.

Contestualmente, i dati relativi alla copertura forestale mostrano un incremento rilevante, passando dal 23% al 44% negli ultimi decenni, il che ha contribuito a creare habitat favorevoli non solo per le tigri, ma anche per altre specie come rinoceronti ed elefanti. Questo boom faunistico, se da una parte è motivo di celebrazione, dall’altra pone serie sfide per la gestione delle interazioni tra uomini e animali selvatici, particolarmente nelle zone adiacenti ai parchi nazionali.

Le preoccupazioni del primo ministro e i conflitti uomo-fauna

Il primo ministro KP Sharma Oli ha chiaramente espresso le sue preoccupazioni riguardo all’aumento della popolazione di tigri, considerando che questo possa rappresentare un rischio crescente per i cittadini. Durante un intervento nel dicembre 2023, ha affermato che "il numero ideale di tigri si aggira attorno a 150", ritenendo che le attuali cifre possano portare a un incremento degli attacchi verso gli esseri umani e a danni al bestiame. Secondo il governo, tra il 2019 e il 2023, si sono registrati circa 40 morti e 15 feriti a causa di attacchi di tigri, anche se fonti locali suggeriscono che i dati reali potrebbero essere più allarmanti.

Per affrontare questa problematica, Oli ha proposto misure drastiche. Una di queste prevede la possibilità di trasferire alcune tigri all’estero come forma di "diplomazia". Tuttavia, esperti e attivisti avvertono che queste soluzioni estreme non risolvono i problemi alla radice e non affrontano la questione della coesistenza tra le tigri e le comunità umane.

Gestire la coesistenza: sfide e soluzioni

La questione della coesistenza tra tigri ed esseri umani emerge principalmente nelle zone cuscinetto. Queste aree, situate ai margini dei parchi nazionali, sono cruciali per le comunità locali che dipendono dalle risorse naturali per la propria sussistenza. Gli scontri tra la fauna selvatica e le persone aumentano quando gli animali si avventurano al di fuori delle aree protette in cerca di cibo. La gestione di tali conflitti richiede strategie ben ponderate.

Esperti del settore suggeriscono l’ampliamento delle aree protette e la creazione di habitat favoriti per le prede, affinché le tigri possano nutrirsi senza spingersi nelle comunità. Secondo il biologo delle tigri Ullas Karanth, "ogni tigre dovrebbe avere accesso a circa 500 prede". Questo approccio è essenziale perché punta su una gestione della fauna selvatica più sostenibile e meno conflittuale.

Contemporaneamente, le pressioni politiche stanno influenzando le politiche ambientali. La costruzione di infrastrutture, come dighe e hotel, in zone precedentemente protette ha sollevato proteste tra ambientalisti e gruppi comunitari. Inoltre, il primo ministro ha contestato la consistenza della copertura forestale, suggerendo che un abbassamento al 30% potrebbe essere auspicabile, contraddicendo gli impegni internazionali del Nepal nella conservazione della biodiversità.

Il ruolo delle comunità locali nel processo di conservazione

Nonostante le sfide, le comunità locali hanno avuto un ruolo chiave nel successo della conservazione in Nepal. Il programma Terai Arc Landscape ha dimostrato come una gestione integrata delle risorse naturali possa creare opportunità economiche e migliorare la qualità della vita delle persone che vivono a ridosso delle aree protette. Questa iniziativa, riconosciuta dalle Nazioni Unite, ha riportato in vita 66.800 ettari di foresta, triplicato la popolazione di tigri e fornito sostentamento a quasi 500.000 famiglie.

Il progetto si basa su un forte legame di cooperazione tra governo, comunità locali e organizzazioni ambientaliste, dimostrando che la protezione della biodiversità non è solo un obiettivo ecologico, ma può portare benefici sociali ed economici. Tuttavia, i dibattiti tra Oli e gli ambientalisti continuano a far emergere questioni intricate sul futuro della biodiversità in Nepal e sulla necessità di trovare un equilibrio tra protezione ambientale e sviluppo.

Prospettive future per la conservazione e la sicurezza

Con il primo ministro che spinge per una riduzione della popolazione di tigri e la Corte Suprema che esamina le politiche ambientali attuali, il panorama della conservazione in Nepal è in continua evoluzione. Gli attacchi delle tigri sollevano interrogativi su quale sia il modo migliore per garantire la sicurezza delle comunità senza compromettere i progressi ottenuti nella conservazione.

Sebbene il Nepal rappresenti un esempio notevole nel campo della conservazione, la strada da percorrere è impervia e irta di sfide. Le decisioni politiche delle prossime settimane e mesi saranno cruciali per determinare se il Paese potrà continuare a essere un faro di speranza per la biodiversità, affrontando al contempo le legittime preoccupazioni delle comunità locali per la loro sicurezza e il loro benessere.