Gli effetti devastanti di un incidente marittimo avvenuto nel dicembre 2024 stanno attualmente colpendo l’ecosistema del Mar Nero. Due petroliere russe, la Volgoneft-212 e la Volgoneft-239, sono state al centro di una fuoriuscita di migliaia di tonnellate di olio combustibile pesante, causando quella che è stata definita la peggiore catastrofe ambientale del XXI secolo in Russia. Le conseguenze sono gravi e si allungano oltre i confini russi, minacciando anche i territori di Ucraina, Romania, Bulgaria e Turchia.
L’incidente e le cause
Il 15 dicembre 2024, nello stretto di Kerch, due petroliere russe hanno subito un grave incidente. La Volgoneft-212 si è spezzata in due e successivamente affondata, mentre la Volgoneft-239 si è arenata nelle vicinanze del porto di Taman. Entrambe le navi stavano trasportando M100, un derivato pesante del petrolio, noto per la sua pericolosità e difficoltà nella bonifica.
Viktor Danilov-Danilyan, responsabile scientifico dell’Accademia russa delle scienze , ha commentato l’accaduto, affermando che si tratta di una delle maggiori fuoriuscite mai registrate nella storia del paese. Inizialmente, le operazioni di bonifica sono state considerate inadeguate, con uno stato di emergenza federale dichiarato solo due settimane dopo l’incidente, sollevando interrogativi sulla prontezza delle autorità ad affrontare situazioni di emergenza ambientale.
Le navi coinvolte e le loro condizioni
Un aspetto cruciale di questo disastro è l’età delle navi coinvolte. La Volgoneft-212 e la Volgoneft-239 erano state costruite tra il 1969 e il 1973, accendendo il dibattito sulla loro idoneità operativa. Secondo gli attivisti, questi mezzi di trasporto marittimo fanno parte di una “flotta ombra” russa, utilizzata per eludere le sanzioni internazionali imposte a Mosca.
Dmitry Lisitsyn, Executive Fellow presso la Facoltà di Ambiente dell’Università di Yale, ha specificato che le navi di queste caratteristiche non dovrebbero operare in mare aperto durante l’inverno, a causa delle loro vulnerabilità. La loro obsolescenza ha sollevato dubbi non solo sulla sicurezza dei naviganti, ma anche sulla protezione dell’ambiente marino.
Impatto sull’ecosistema marino
Le conseguenze per l’ecosistema del Mar Nero sono devastanti. Il tipo di olio combustibile fuoriuscito, M100, è significativamente più pesante dell’acqua e tende ad affondare, rendendo le operazioni di contenimento e bonifica estremamente difficili. Secondo Greenpeace, a questo punto, tentare di rimuoverlo una volta che è affondato può risultare “tecnicamente impossibile”.
L’ong ha anche riportato la morte di migliaia di uccelli, con stime che parlano di oltre 12.000 esemplari deceduti o trovati contaminati. Inoltre, i delfini del Mar Nero sono stati gravemente colpiti; un centro di riabilitazione nella regione di Krasnodar ha già recuperato circa 70 delfini senza vita sulle spiagge. La situazione alarmante dei mammiferi marini e degli uccelli suggerisce una crisi ambientale in corso che potrebbe richiedere decenni per risolversi completamente.
La diffusione della chiazza d’olio e le preoccupazioni future
La chiazza di petrolio generata dall’incidente si stima si estenda su una superficie di circa 400 chilometri quadrati. Gli esperti temono che l’inquinamento possa amplificarsi, colpendo non solo le coste russe, ma anche quelle di Ucraina, Romania, Bulgaria e Turchia. Dmitry Markin di Greenpeace ha avvertito che gran parte del combustibile fuoriuscito è ancora presente in mare, evidenziando l’urgenza di una risposta efficace per contrastare questa emergenza ambientale.
Anna Jerzak, esperta di Greenpeace in Europa centrale e orientale, ha sottolineato l’importanza di garantire misure di sicurezza per il trasporto marittimo, soprattutto in considerazione di un incidente simile avvenuto nel 2007 senza che le autorità russe abbiano adottato provvedimenti concreti per evitare il ripetersi di tali disastri.
Disinformazione e responsabilità
Infine, la questione della disinformazione emerge con prepotenza. Attivisti e ricercatori hanno denunciato la minimizzazione delle conseguenze da parte delle autorità russe. Gyunduz Aidynovych Mamedov, avvocato e attivista per i diritti umani ucraino, ha dichiarato che le statistiche riguardanti la mortalità degli animali marini sono sottostimate deliberatamente. Questo disastro ambientale rappresenta, pertanto, non solo una crisi ecologica, ma anche una questione di trasparenza e responsabilità governativa.
La situazione è estremamente critica e pone interrogativi sul futuro della regione e sulla salute dell’ecosistema del Mar Nero, richiedendo una stretta collaborazione internazionale per affrontare le conseguenze di questa calamità.